Pasquino e le statue parlanti di Roma

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I Romani hanno sempre trovato il modo di contestare i potenti, aggirando anche la censura più pesante.
L’epoca dei Papi non è certamente passata alla storia per la libertà di parola, tuttavia le persone dovevano tacere, ci si poteva affidare alle statue parlanti di Roma.

La più famosa fu la statua di Pasquino, un busto di età ellenistica posto ad un angolo di Palazzo Braschi, in una stradina di piazza Navona. Ironia vuole che sia stato proprio un cardinale, Oliviero Carafa, ad insistere per restaurare l’opera, ritenuta da molti senza valore perché senza volto e senza braccia, ed a porla nella sua posizione.
Sulla statua già ad inizio del ‘500 cominciarono a comparire versi satirici che mettevano alla berlina i potenti di Roma, dai prelati fino al Papa. Pochi semplici versi che mettevano a nudo tutta l’arroganza, la prepotenza ed i crimini dei governanti, dal nepotismo alla corruzione fino al grande potere delle cortigiane.
Ogni tentativo di far cessare le pasquinate fu nullo, Papa Adriano VI nel 1522 ordinò di buttare la statua parlante nel Tevere, ma dovette desistere per il timore di rivolte, come scoprirono quasi un secolo dopo Sisto V e Clemente VIII.
Benedetto XIII stabilì che chiunque avesse appeso cartelli alla statua di Pasquino sarebbe stato condannato a morte, ma le invettive continuarono nonostante qualche impiccagione.

Pasquino non è stata l’unica statua parlante di Roma, il più famoso era Marforio, la rappresentazione del dio Nettuno o del Tevere, situata nel cortile di Palazzo Nuovo, un’ala dei Musei Capitolini. Marforio era la spalla di Pasquino, con il quale spesso aveva dei dialoghi pungenti, come quello avuto dopo la repressione dei moti risorgimentali (Marforio “Che silenzio, che pace! Pasquino non è vero? A Roma tutto tace” e Pasquino“Come in un cimitero!”).

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Le altre statue parlanti di Roma, utilizzate soprattutto durante i periodi in cui Pasquino era “sotto scorta”, sono: Madama Lucrezia, il Facchino, l’Abate Luigi ed il Babuino.

Madama Lucrezia, posta all’angolo tra il Palazzetto Venezia e la basilica di S. Marco, è un busto raffigurante la dea Iside, che deve il suo nome a Lucrezia d’Alagno, traferitasi a Roma dopo la morte dell’amante di Alfonso V d’Aragona, re di Napoli.
Il Facchino, ubicato originariamente in via del Corso ed ora in via Lata, rappresenta un vecchio acquarolo che versa acqua da una botte.
L’Abate Luigi, in piazza Vidoni, rappresenta probabilmente un magistrato romano, il soprannome deriva probabilmente alla somiglianza del curato di una chiesa vicina.
L’ultima statua parlante di Roma è la Fontana del Babuino, davanti alla chiesa di Sant’Attanasio dei Greci, che rappresenta un “sileno giacente”.

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